Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/446

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183.Impon che ’l corso il piú che può spedito
volga a Cithera, al corridor guizzante,
ch’essendo posta in su l’estremo sito
del paese di Pelope a Levante,
dal tempestoso e periglioso lito
di Sicilia non è molto distante.
Quegli ubbidisce, e ’n breve ecco ch’alfine
del bel loco le spiagge ha pur vicine.

184.Se ben non pensò mai la Dea d’Amore
di far per tante vie camin sí torto,
loda del mostro il dilettoso errore,
poi che in men che non crede è giunta in porto,
e con tanto paese in sí poche ore
l’Arcipelago tutto ha scorso e scorto,
le Cicladi, le Sporadi, e le rive
Pelasghe, Eolie, ed Attiche, ed Argive.

185.Per attuffarsi giá ne la marina
l’Auriga intanto lucido di Deio
precipitoso i corridori inchina
co’ morsi a l’acqua, e con le groppe al Cielo.
Vede stillar dal crin pioggia di brina,
da le nari sbuffar nebbia di gelo,
ma veder del bel carro altri non potè
piú che l’estremitá de l’aurce rote.

186.In quell’ora ch’a punto avea Giunone
de le faci notturne il lume acceso,
venne in Cithera a disgravar Tritone
il curvo dorso del suo nobil peso.
E poi che de la coda il padiglione
stanco in lunghi volumi ebbe disteso,
con verde giunco in su l’algose piume
sen gto del petto ad asciugar le spume.