Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/493

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171.I cani istessi di pietate accesi
(raro essempio di fé dopo la morte)
presso il caro Signore a terra stesi
con un flebil latrar si doglion forte;
e d’ogni atto amorevole cortesi
ne’ casi ancor de la sinistra sorte,
emuli in ciò di Venere infelice,
van lambendo a baciar la cicatrice.

172.Ma ceda ogni altro duolo a quella doglia
ch’a la bella Ciprigna il petto punge.
Ella agli occhi d’Adon, pur come voglia
compartir lor la luce, i suoi congiunge,
e l’insensata e semiviva spoglia
del balsamo d’Amor condisce ed unge,
e col volto di lui si stringe tanto,
che non dá loco a lo sgorgar del pianto.

173.Su la guancia di fior, di fiamme priva
tepida vena e lagrimosa versa,
e ’l color e ’l calor desta e raviva,
ch’involando ne va Morte perversa.
Non sai dir s’egli estinto, o s’ella è viva,
sí poco hanno tra lor forma diversa;
né discerner si può qual viva e spiri,
se non solo ne’ pianti, e ne’ sospiri.

174.Chi vide mai di nube in spesse stille
la pioggia, che col lampo a un tempo cade,
tal temprata d’umori e di faville
imagini tra sé quella beltade.
E mentr’apria tra mille fiamme e mille
ruscelletti di perle e di rugiade,
in atti mesti e gravi si dolea,
qual deve amante, e qual conviensi a Dea.