Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/502

Da Wikisource.


207.Se ministro sará di questo pianto
de l’ondoso Ocean l’umido padre,
o quel, ch’un tempo Amore aborrí tanto,
rigido Re de le Tartaree squadre,
incatenati e supplici mi vanto
di trargli a piè de la mia bella madre,
per mostrar quanto folle è chi non crede
ch’a la forza d’Amore ogni altra cede. —

208.Cosí disse, e col fin di detti tali
a la voce sfrenata il fren raccolse;
poi piú veloce assai ch’un de’ suoi strali,
l’impeto ruinoso in giú rivolse,
e col gemino sibilo de l’ali,
che con rapide scosse a volo sciolse,
lei precorrendo, che tra via rimase,
sdrucciolò ratto a le materne case.

209.Come adusto vapor, sparito il Sole
che con raggio possente in alto il trasse,
di lunga sferza e luminosa suole
rigar de l’aria le contrade basse,
cosí di Citherea l’altera prole
parve foco e splendor seco portasse
quando in terra veloce a calar venne
tutto serrato ne le tese penne.

210.Chi può l’ira narrar, narrar il duolo
del superbo Garzon, quand’egli ha scorto,
poscia che ’n Cipro ha terminato il volo,
de’ duo l’una malviva, e l’altro morto?
D’Adon compagno, a Venere figliuolo,
lui senza vita, e lei senza conforto,
oh come in preda ai desperati affanni
si squarcia il velo, e si spennacchia i vanni!