Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/507

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22 7. Tardi con questi tuoi mi torni innanzi
intempestivi omai vezzi e conforti.

Or mi lusinghi, e ’ncontr’a me pur dianzi
Tarmi volgesti, e n’ebbi ingiurie e torti.

Ah che di feritá le Tigri avanzi,
né brami altro giá mai che stragi e morti!

È tua la colpa, e non altronde uscio
la sua morte, il tuo danno, e ’l pianto mio.

228.Sú sú, vattene al bosco, affretta Tale
con questi d’ogni ben vedovi Amori.
Recami preso il perfido animale,
Tempio distruggitor de’ nostri onori,
acciò ch’io con l’autor d’ogni mio male
possa in parte sfogar tanti dolori:
ch’almen con la sua morte a te s’aspetta
far de la vita mia qualche vendetta. —

229.Ubbidisce il fanciul pronto e spedito,
né tarda a rivestir gli usati incarchi.
Giá va per tutto col drappello ardito
spiando i boschi, attraversando i varchi.
Lunge si sente per l’erboso lito
lo stridor de le penne, e ’l suon degli archi,
mentre ciascun di lor per la foresta
apparecchia gli arnesi, e Tarmi appresta.

230.Di saette, di spiedi, e di ritorte
armato va Tesserato pennuto.
Qual col ginocchio a terra incurva il forte
o di legno o di nervo arco cornuto.
Qual per condurre il reo Cinghiale a morte
forbisce a dura cote il ferro acuto,
e lievemente poi, mentre l’incocca,
con l’estremo del dito in punta il tocca.