Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/522

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15.Scalza ne vien colei che di Triqueta
l’isola regge, e quasi è tutta ignuda,
se non ch’un drappo d’amariglia seta
cela quanto convien che celi e chiuda.
In cima al capo e ’n su la fronte lieta,
c’ha le luci infocate, e sempre suda,
serpe un serto di spiche, e in mezo a loro
fabricato torreggia un castel d’oro.

16.Piante d’argento e fronte ha di zaffiro
la Dea di quell’umor che manca e cresce.
Cinge fregiata di ceruleo giro
scagliosa spoglia d’Hiperboreo pesce.
L’ondosa chioma poi d’ostri di Tiro
e di ciottoli e conche intreccia e mesce.
Il cristallino sen, che stilla gelo,
copre di talco un trasparente velo.

17.Non ha di piuma il mento ancor vestito
Cinthio, e di schietto minio infiamma il volto.
Gli circonda il bel crin lauro fiorito,
il crine in bionda zazzera disciolto.
Di fila d’oro ha il ricco manto ordito,
di raggi d’oro un cerchio in fronte accolto.
Con la manca sostien gemmata cetra,
e gli pende dal tergo aurea faretra.

18.Nel viso di Lieo ride dipinto
di fresca rosa un giovenil vermiglio.
Tien ne la destra il tirso, e d’edre avinto
e d’uve il crin, che gli fann’ombra al ciglio.
Di Caspia Tigre attraversato e cinto,
che di fin oro ha l’un e l’altro artiglio,
porta il bel fianco e l’omero celeste,
rancio coturno il bianco piè gli veste.