Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/56

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183.Tal forse apparve la superba e molle
Donna del Faro al Dittator Romano,
quand’ella vincer co’ begli occhi volle
chi vinse il mondo con l’invitta mano.
Tai di splendor magnifico satolle
mense apprestò per adescarlo invano
poi che degli anni il traditor del Nilo
ebbe a l’oste Latin reciso il filo.

184.Vaghi fanciulli a suon di cetre e lire
proclamare il festin lieto e giocondo.
Altri vennero il desco ad imbandire,
di cui fasto maggior non vide il mondo.
Il loco ch’a quell’uso ebbe a servire
era un gran tabernacolo ritondo,
e spazioso sí, ch’ancor che immense,
capir potea nel scn ben cento mense.

185.Forman cento colonne un’ampia loggia
locate in cerchio, e son di bronzo a gitto,
sovra cui l’epistilio alto s’appoggia
che folce del cenacolo il soffitto.
Per mezo in giro si dispiega a foggia
di curva tenda un padiglion d’Egitto.
Reggon cento arpioni intorno appese
auree lucerne in molli odori accese.

186.Ombran festoni di dorate fronde
lo spazio eh’è tra le colonne altere,
la cui materia un paramento asconde
di mirabili spoglie, e di spalliere.
Havvi bianche, purpuree, azurre e bionde,
e d’altri piú color pelli di Fere.
Fere non note altrui, che quinci e quindi
mandan di rado o gli Ethiòpi, o gl’indi.