Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/578

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239.Sfavillan Tacque, assai piú belle e chiare
fatte da lo splendor che le percote,
in quella guisa che fiammeggia il mare
al folgorar de le lucenti rote,
quando l’Aurora, che ’n Levante appare,
dal vel purpureo le rugiade scote
e ’l Sol, che giovinetto esce di Gange,
col gran carro di foco il flutto frange.

240.Carpo nel nuoto essercitato e dotto
molto non è, ma Calamo gli è scorta,
ed or col tergo, or con la man di sotto
agevolmente lo sostiene e porta.
Talor poscia ch’alquanto ei Tha condotto
per mezo l’acqua flessuosa e torta,
dilungandosi ad arte, innanzi passa,
indi l’aspetta, ed arrivar si lassa.

241.Con tardo moto (a bello studio) e lento,
bramoso d’esser pur vinto e precorso,
pian pian rompendo lo spumoso argento
per la liquida via trattiene il corso.
Ma per poter trovarsi in un momento,
qualora uopo ne fía, presto al soccorso,
del caro emulo suo, che gli è davante,
con la provida man segue le piante.

242.Il giovinetto, che ’l compagno vede
indietro rimaner, quasi perdente,
tolto il vantaggio allor, che gli concede,
scorre Tumido arringo arditamente
e va, mentre rapir la palma crede,
dove l’impeto il trae de la corrente.
Giá giá stende la man superba e lieta,
tanto è vicina la prefissa meta.