Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/579

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243.Ma pria ch’a tórre il bel trofeo la sporga,
ecco fiero e crudel turbo che spira,
e lá ’ve il rio volubile s’ingorga
soffiando a forza lo respinge e gira,
e senza che di ciò l’altro s’accorga,
l’onda l’assorbe, e ne la ghiaia il tira,
ratto cosí che Calamo l’ha scorto
sommerger no, ma giá sommerso e morto.

244.Che sospiri, che pianti, e che querele
sparse il meschin su ’l doloroso lito,
quando chiaro conobbe il suo fedele
esser da la vorace onda inghiottito?
«Fiume ingrato» dicea «fiume crudele,
che m’hai repente ogni mio ben rapito,
questa da te riceve empia mercede
chi tanta gloria e tant’onor ti diede?

245.L’Hermo, il Fattolo, e qual per gemme ed oro
piú famoso tra gli altri il mondo apprezza,
perdeano appo ’l tuo pregio i pregi loro,
ch’eri ben possessor d’altra ricchezza.
Quel c’ha titol di Re, corna di Toro,
mercé di quell’estinta alta bellezza,
ben ch’illustre corona abbia d’elettro,
ti reveriva, e ti cedea lo scettro.

246.Ma tu per far piú ricco anco il tuo fonte
trangugiarlo volesti, avaro fiume,
che se nel grembo il Po tenne Fetonte,
tu raccogli altro Sole, ed altro lume.
Lasso, che ’l Sol se ben da l’Orizonte
cader quando tramonta ha per costume,
piú chiaro poscia in su ’l mattin risorge:
ma ’l mio Carpo apparir piú non si scorge.