Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/589

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283.Scorrendo va con smisurati balzi
l’impetuose e formidabil’onde,
la cui piena possente or fa che s’alzi
presso a le nubi, or tutto in giú l’asconde.
Ei de le braccia ignude e de’ piè scalzi
con spesso dimenar l’orditi confonde;
e ben che sia nel nuoto abile e destro,
non gli giova de l’arte esser maestro.

284.Ben conosce il suo stato, e sa che ’n breve
al petto lasso è per mancar la forza,
perché del salso umor gran copia beve
e ’l vigor abbattuto invan rinforza.
Omai de’ membri a galla il peso greve
sostener piú non vai, se ben si sforza,
e lo spirto languente il corpo infermo
move a gran pena, e non può far piú schermo.

285.Mentre che co’ marittimi furori
giostra, e cerca al morir refugio e scampo,
l’alto fanal, che tra gli ombrosi orrori
mostra il camin di quel volubil campo,
ratto sparisce, e i vigilanti ardori
soffiato estingue del notturno lampo:
ond’ei smarrito, e desperato, e cieco
del suo fiero destin si lagna seco.

286.E di fiati rabbiosi ecco veloce
novo groppo l’assale, e lo circonda,
e ’n un punto medesmo in su la foce
per lo mezo si rompe un arco d’onda,
che soffogando il gemito e la voce
dentro quel cupo baratro l’affonda.
Due volte a piombo il trae l’onda vorace,
sorge due volte, ed a la terza giace.