Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/613

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379.Un plaustro a quattro rote, e sí leggiadre
ch’invidia fanno al carro de l’Aurora,
Xisa conduce in mezo a queste squadre,
nutrice di colui che Thebe adora;
e ’l letto genial, dove la madre
giacque col gran Motor, conduce ancora;
e del medesmo la corona porta,
di viti e d’edre in bianche fasce attorta.

380.Cinquanta dopo questa ebri Sileni
sovr’asinelli mansueti e pigri
cantando tuttavia versi epileni,
gran cuoia gonfie in braccio hanno di Tigri,
e versando ne’ calici, che pieni
tengono in man di bianchi umori e nigri,
dagli otri il vin, che si diffonde e cade,
di dolci stille ingemmano le strade.

381.Sovra un bel soglio d’or preme Lieo
la Fera ch’idolatra è de la Luna.
Laconico è il vestir d’ostro Eritreo,
il cui vermiglio la viola imbruna.
Intagliata nel seggio è di Penteo
la dolorosa e tragica fortuna.
Un Satirin, che siede a piè del trono,
gonfia un corno caprin con rauco suono.

382.Piangendo anch’ei, del genitor Dionigi,
cinto di menta il gran capo vermiglio,
senza la falce in man segue i vestigi
il suo barbuto, il suo membruto figlio.
Cavalca un animai pur di que’ bigi
con lunghe orecchie, e tien dimesso il ciglio.
Va con le vene al collo enfiate e grosse,
col naso acceso, e con le luci rosse.