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ÓI2

LA SEPOLTURA

399.Giá su le prime fronde a pena appresi,
si dilatan gl’incendii in un momento.
Sonan le gemme de’ fregiati arnesi,
e suda l’oro, e si disfa l’argento.
Stillan succhi d’Arabia i rami accesi,
ché giá gl’impingua l’odorato unguento.
Stride scoppiando in liquefarsi al foco
il nardo, il costo, il cinnamomo e ’l croco.

400.Piú nobil fiamma in terra unqua non arse,
né cener mai piú ricco si compose.
Chi di candido latte urne vi sparse,
e chi di negro vin tazze spumose.
Altri le mani ancor non avea scarse
di biondo mèle, e di piú rare cose.
Altri del sangue degli uccisi armenti
abbeverava le faville ardenti.

401.Vèrsanvi e lacci e reti ed archi e strali
volando intorno i lagrimosi Amori.
Le vaghe penne svèllonsi da l’ali,
e le fan cibo de’ voraci ardori.
Le tre d’Eunomia ancor figlie immortali
vi gittan dentro i lor monili e i fiori.
Vener le trecce d’or troncar si volle,
ed a le fiamme in vittima donollc.

402.Indi il bel rogo ancor, secondo il rito,
prende da manca a circondar tre volte,
ed inchinando il busto incenerito,
le bellezze saluta in aria sciolte.
Ma poi che giá Vulcan langue sopito,
e l’ossa amate ha in polvere rivolte,
di propria mano il cenere rimaso
raccoglie e serra entro ’l marmoreo vaso.