Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/74

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255.Sappi, e credi, ch’io t’amo, e gli amor miei
non fia mai che dal cor tempo mi svelia.
Ma devi amar, se vera amante sei,
ch’altri ami in te quel bel che ti fa bella.
Ah ch’avessi giá tu mai non credei
si di sí vile amor l’anima ancella,
ch’oscurar ne devessi il lume e ’l pregio
del chiaro ingegno, e del costume regio.

256.Dove, rotto ogni morso, ogni catena
di ragion, d’onestá, per torti errori
corri precipitosa? affrena afírena
cotesti tuoi licenziosi ardori.
L’alta follia, ch’a vaneggiar ti mena,
volgi a piú puri e piú lodati amori.
Dunque terrena Dea, Donna divina
non saprá di se stessa esser Reina?

257.Schiva bennato cor, nobile amante
d’illeggittimo amor sozzo diletto.
L’appetito ferin nel senso errante
s’arresta, e mortai ésca ha per oggetto.
Quelle sol, quelle son veraci e sante
fiamme, che di virtú scaldano il petto,
qualor malgrado de la fragil salma
s’ama insieme e si gode alma con alma.

258.Consenti omai ch’io de’ tuoi regni il piede
tragga, e prendi da me l’ultimo a dio.
Teco a me dimorar non si concede,
sostien’ (s’ami ch’io t’ami) il partir mio.
Portalo in pace, e (come il tempo chiede)
vinci la passion, doma il desio.
Sappi esser saggia, e con miglior consiglio
rasciuga il pianto, e rasserena il ciglio. —