Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/771

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da dodici a ventiquattro canti, il lavoro, parrebbe, concresceva vertiginosamente su se stesso.

Ora, noi possediamo in due codici (il Madrileno, Bibl. Naz. 12894, e il Parigino, Bibl. Nat., ital. 1516 [mss. étr. 345]), il primo copia dell’altro, una redazione di tre primi canti dell’Adone (contenutisticamente corrispondenti, molto all’ingrosso, agli attuali primo, secondo, e terzo, piú una parte del quarto con la favola di Psiche), risalente proprio a quello scorcio di tempo, fra il ’ió e il ’17. La redazione si apre con una dedica in ottave al Concini e questo spiega abbastanza, sul piano esterno, perché la stampa non si realizzasse. Vorremmo però dire una cosa. L’esame di quella redazione appare, rispetto alle attese suscitate dalle notizie sul poema che siamo andati via via rintracciando, deludente. Si ha l’impressione, davvero, a quello stadio, che i nodi umbilicali col <• poemetto » originario non siano stati tagliati, insomma che questo Adone sia cresciuto, e stia crescendo, di certo, ma ben addentro ai limiti di una crescita per interposta materia, non per il radicale sconvolgimento apportato dalla coincidenza dell’Adone col «poema grande». Riprendiamo la lettera (del ’i6) all’amico parmigiano: « L’Adone è in procinto di stamparsi ... Gli amici se ne compiacciono e mi sforzano a publicarlo. Non so come riuscirá, ma insomma è fabrica risarcita, o (per meglio dire) gonnella rappezzata. La favola è angusta ed incapace di varietá d’accidenti; ma io mi sono ingegnato d’arricchirla d’azioni episodiche, come meglio mi è stato possibile ... ».

Si è usi a dare non molto rilievo a queste riserve d’autore; pure, si dovrá concluderne che il Marino era diviso fra un progetto (del quale seguitava a cercare, senza trovarla, la chiave) abbastanza fantastico (la gara col Tasso, con l’Ariosto ... ) e la realtá di materiali che, quando si andasse a stringerli per l’« atto irrevocabile della stampa », restavano ancora assai al di qua di quelle letterarie fantasie. Quanto, peraltro, di esse la mente del Marino si nutrisse, quasi procurandosene la temperatura fervida che gli ci voleva per l’invenzione, è anche troppo patentemente dimostrato dal famigerato catalogo dello pseudo Claretti.

Ma portiamoci ora a ridosso (1621) dell’inizio della stampa: « ... L’Adone si stampa, e giá 11’è tirata una gran parte. La stampa riesce magnifica, e veramente degna di poema regio, perché si fa in foglio grande con dieci ottave per facciata in due file; onde la spesa è grossa, per esser volume forse di trecento fogli ; e si fa il conto che sia per sette volte maggiore della Gierusalemme del Tasso. In dodici non si potrebbe ristampare, se non si facesse in piú tomi... » [lett. n. 158].