Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/783

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voco (XIII 56 a costo di sovvertire svantaggiosamente l’ordine dei tempi; forse XV 168) e mortifica certe impennate parsegli ardite (III 18, VII 90). Aspira in genere, nei particolari, a un che di piú fuso e piú proprio, a una calibratura del lessico e delle figure, a una misura, anche narrativa, meglio tornita. Se la revisione romana, con l’occasione che poteva porgere di una seconda versione dell ’Adone, fosse andata in porto, v’è motivo di congetturare che la mano del poeta avrebbe ambito ad aggiustature sottili, a lacche e trasparenze. La nostra letteratura, non quella barocca soltanto, è piena di simili casi.

8. - La doppia redazione del c. vii 34-73 all’interno di P

Un caso piú vistoso, e che va segnalato, di variante intervenuta in sede di esecuzione tipografica di P, ci è stato fortunosamente serbato. Esso fu segnalato dal Ferrerò (nella Nota Bibliografica [pp. 7-8] della silloge Marino e i marinisti). Alla Biblioteca Xazionale di Roma (segn. 201. Banc. III.A.77) si conserva una copia di P, giá appartenuta alla Prepositura Generale della Compagnia di Gesú (il cui timbro spicca sul frontespizio), nella quale il canto VII appare in una redazione originaria di 230, anziché di 250 ottave. La numerazione del canto, nelle copie « normali » di P, arriva in effetti a CCXXX (le ottave sono segnate in numeri romani), ma solo in quanto la progressione LIV-LXXII è ripetuta due volte. Quando i fogli, dunque, della prima redazione, testimoniata nella copia della Nazionale di Roma, erano giá stati tutti impressi, il Marino fu « per alcuni nuovi accidenti », che io suggerisco di intendere come << digressioni », « costretto a mutare un canto intiero, che mi ha dato un gran travaglio » [lett. n. 177]. Suppongo che il caso, di cui si tocca in quella lettera, fosse appunto il piccolo sisma del canto VII. A séguito di tale sisma, le originarie carte 1431--1441/ furono soppresse e sostituite con due « carticini », incollati al posto di quelle, e recanti la numerazione 143-144 e 145-146. Dato che ogni carta di P squaderna io ottave divise su due colonne, l’originaria redazione in venti ottave veniva dunque raddoppiata. Va tuttavia avvertito che lo sconquasso che un intervento del genere, a metá della stampa, apportò, lasciò indesiderabile traccia in parecchi esemplari ’ normali ’ di P, che risultano, per la zona interessata, mutili a volte di uno a volte di tutti e due i « carticini ». Di tre esemplari dell 'Adone che il Ferrerò prese in considerazione, uno torinese e due romani, solo uno dei ro-