Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/793

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Degni di nota anche casi come:

e ‘ ncontr’al giovane (e contr’al) [V 94, 4]; un istromento (uno stromento) [Vili 34, 3]; poscia ch’ogni (poscia che ogni) [VII 11, 5]; quand’anco (quando anco) [VI 3, 3]; que’ liberi (quei liberi) [XVII 77, 1]

e certi interventi contraddittori in materia di unione o separazione delle parole :

a visitarlo venne (a visitar lo venne) [XVI 264, 8]; ad abbracciar la corse (ad abbracciarla corse) [XIV 70, 5).

Contraddittorio anche il caso di « vengo », « venga » che diventano in V, per due volte, « vegno * (XIV 364, 4) e « vegna » (XX 23, 7) (e confronta XX 56, 5 «raggiunge» / « raggiugne »), quando uno «spigne » e un « piagne » originarli si vedono sostituiti dalle forme alternative «spinge» (XVIII 92, 2) e «piange» (XVIII 223, 5).

Si tenga anche presente:

cheggio (chieggio) [XIII 262, 8; XIV 187, 2-3; XV 18, 6]; veggion (veggon) [XX 251, 4].

« Duo », quasi costante nel Marino al maschile, diviene in un caso « duoi » (X 78, 3), in un altro «due» (Vili 119, 5), che normalmente è forma femminile ( dnae ) con queste sole eccezioni :

gli altri due [ladri] (XIV 157, 6 in rima); i due [Aci e Galatea] (XIX 137, 2 in rima); due [dragoni] (Dedica a Maria de’ Medici); due [pensieri] (XII All.).

Merita ancora d’essere segnalato il caso di « áprigli [gli occhi] », che in V si legge «aprili » (III 88, 3), avvertendo che l’uso mariniano, benché nella fattispecie oscillante, non manca di numerosi esempi a favore di P (XIV 30, 4; XVIII 130, 6, 167, 7, 207, 6 ecc.).

Di appena maggiore rilievo, i casi di XIII 106, 6 e XIX 214, 3, dei quali riesce obiettivamente difficile intendere le ragioni peculiari :

quella che tanto io goder bramo (che tanto goder bramo) ; pertinacia crudel sola s’accusi ( solo s’accusi).