Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/96

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31.— Lungamente sospeso — Idonia dice —
tenuto ha questo dubbio il mio pensiero.
Ma tu che badi? ed a cui meglio lice
spiar d’un tal secreto il fatto intero?
Potrai ben tu de’ fati esploratrice
sforzar gli Abissi a confessarti il vero,
tu, che sí dotta sei ne l’arti ascose,
e sai cotanto de l’oscure cose. —

32.Qui tace, ed ella allor, che ben possiede
quante ha Thessaglia incognite dottrine,
non giá di Deio i tripodi richiede,
non di Delfo riccorre a le cortine,
non di Dodona ai sacri boschi il piede
volge per supplicar querce indovine,
non a qualunque Oracolo facondo
abbia piú chiaro e piú famoso il mondo.

33.Non il moto e ’l color cura degli esti
ne l’ostie investigar de’ sacrifici,
né degli augei le cal giocondi o mesti,
secondo il volo, interpretar gli auspici,
né destri o manchi i fulmini celesti
osserva, o sieno infausti, o sien felici,
né specolando va le stelle e i Cieli,
ma piú tacite cose, e piú crudeli.

34.Nott’era, allor che dal diurno moto
ha requie ogni pensier, tregua ogni duolo,
Tonde giacean, tacean Zefiro e Noto,
e cedeva il quadrante a Formolo,
sopía l’uom la fatica, il pesce il nuoto,
la fera il corso, e l’augelletto il volo,
aspettando il tornar del novo lume
o tra l’alghe, o tra’ rami, o su le piume: