Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/130

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piu tosto ubidita clic servita. È parto di sconciatura, per esser stato prodotto fra [’angustie, onde potrebbe a ragione chiamarsi «filins doloris». È come una di quelle merci che si sogliono gittar per Tonde nel tempo della tempesta, o come un di quei fiori che nascono di mezo inverno fra le pietre sterili delle montagne alpestri, i quali vogliono spuntare in ogni modo a dispetto del ghiaccio e del vento. I buoni componimenti nascono dagl’ intelletti sereni, sollevati dall’aure della prosperitá, e non dagl’ingegni torbidi agitati dalle procelle degli accidenti fortunevoli. Perseguitato da’ nemici, tradito dagli amici, che poss’io fare di buono o di bello? Come si può aspettare altezza di concetti da un uomo abbassato? vivezza d’arguzie da uno spirito mortificato? chiarezza di lumi poetici da chi è stato un pezzo fra le tenebre delle prigioni? È vero eh ’è stata conosciuta l’altrui malignitá e la mia innocenza. F. questo serenissimo, restituendomi la sua grazia, ha promesso di ricompensare i miei passati travagli con altretante consolazioni. Ma chi non sa che se ben la borasca talvolta cessa, il mare nondimeno, che si ritrova commosso, non si rimane per qualche ore di fluttuare? È placato il furore della fortuna. Sono uscito di carcere non solo libero ma onorato. Posso e debbo oggimai sperare fra tante perturbazioni qualche tranquillitá e di risarcire in porto sicuro i danni di si gran naufragio. Ma mi restano ancora le reliquie della passata aversitá, le quali mi tengono tuttavia la mente tempestosa né mi lasciano ritrovar quiete. Non godo i frutti della libertá senza le consequenze della liberazione. Le mie fatiche, tutti i miei scritti sono ancora in mano di S. A.; ed infino a tanto che non mi siano renduti, meno una vita inutile e travagliata. WS. mi compatisca, mi ami e mi comandi, con certezza che mi ritroverá sempre migliore amico che poeta. Intanto il signor conte Alfonso Pozzo, il signor Tomaso Stigliani e il signor Fortuniano Sanvitali saluto caramente, e caramente a V. S. bacio le mani.

Di Torino [1612].