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LXXIV

Al cavali e r Andrea Barbazza

Chiede commendatizie per ottenere la restituzione delle sue scritture.


M’è intervenuto come al cane, il quale dopo che ha scaricata la balestra non può tirar lo stoppino fuor della botte. Son stato liberato, ina non posso ancora cavare dai ceppi il tamburo delle mie scritture. Ne ho fatte e fatte fare continue e caldissime instanze, ed ultimamente gli ho fatte presentare le lettere del vostro signor cardinale. Ma ut supra : — Faremo, diremo; oggi, dimane; — e quel dimane non vien mai. Le promesse son molte, le speranze son grandi, ma gli effetti son pochi e tardi, ed io per me non so quando la mia fortuna podagrosa potrá arrivare a darmi un calcio... per isbalzarmi su la ruota. Intanto io spendo e spando e Tore vanno a staffetta. Iddio mi dia pazienza e pane.

Ringraziate, di grazia, in mio nome il vostro serenissimo patrone e fategli piena fede dell’obligo mio, il quale, se potesse ricevere accrescimento, per questo ultimo favore sarebbe cresciuto in sommo. Ma che mi giova? Bisognarebbe sbracciarsi a fare un sforzo estremo e metterci del buono, scrivendo a questa Altezza di nuovo, ma con efficacia grande; e fare l’istesso col principe maggiore e col signor cardinale di Savoia, i quali veramente si sono adoprati assai a favor mio; ma molto piú farebbono se fossero stimulati dalle preghiere di cotesto signore, massime se le lettere fussero inviate qua a qualche personaggio particolare che le presentasse, accioché presentandole io non paressero mendicate. Caro, caro signor Barbazza, procurami quest ’altra grazia e serbami vivo nella tua grazia.

Di Turino [1612].