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LXXVII

Al. SIGNOR CAVALIER ANDREA BaRBAZZA

Si raccomanda per entrare nella corte del Cardinal di Mantova.


(I Panzirolo mi ha scritto di Roma che vi vide partire alla volta di Mantova. Questo aviso mi assicura a scrivervi di nuovo ed a mandarvi l’inclusa, insieme col sonetto, in risposta di quella dell’amico; e non l’ho mandata prima, perché non sapeva a qual parte indrizzarla. Vi mando con essa duoi altri sonetti, l’uno in morte del povero cavaliere Guarini fatto ad instanza dell’Academia vineziana, l’altro composto a requisizione del signor prencipe Peretti in occasione d’una partenza. Son poesie sderenate (io le conosco!) e strascinate a coda di cavai pegaseo; ma mi meraviglio come fra tanti travagli abbia potuto applicare l’animo a poetare.

Son molti giorni che incominciai alcune stanze in morte del serenissimo duca Francesco di generosa memoria, ma non è possibile che d’un intelletto tanto tribulato quanto è il mio esca al presente opera che vaglia, né so se mi basterá l’animo di finirle.

Questo principe mi dá ogni di delle pappolate e delle canzoni, delle quali sono oggimai sazio e stracco in guisa che mi vien voglia, a guisa del castoro, di lasciare i coglioni in preda del cacciatore e restar castrato per iscumpar via. Voglio dire eh ’alla fine manderò in bordello le scritture con quante fatiche ho fatte al mondo, per uscire di queste miserie. Partendo di qua, io non farei altra resoluzione che venirmene da cotesto serenissimo vostro cardinale, a cui mi ritrovo tanto obligato; e se vorrá accettarmi al suo servigio, sarò prontissimo a dedicargli la vita non che la penna. Delle condizioni mi rimetto a voi, ma vi pongo in considerazione ch’io mi ritrovo distrutto per tante spese che ho fatte qui e fo tuttavia; onde non ho piú bisogno di fumo. Se vi confidate con destrezza di metter l’uova nel paniere, fatelo, se non per altro, almeno per vostro interesse, per avere in cotesta corte una persona che tanto vi deve e che porrá a sbaraglio la vita ad ogni minimo vostro cenno.