Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/200

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di san Giuliano, credendomi d’andar per acqua e per vento alle noci di Benevento. Mi colse in questo mezo la notte, clic- mi caricò al doppio di pruine; e di cielo venivano intanto si spessi e si grossi i fiocchi della bambagia, che come altri diventò statua di sale io dubitai di non avere a diventare statua di neve. I barbagianni, i pipistrelli, i saltabecchi, i farfalloni e le civette mi facevano le moresche attorno, come se mi volessero uccellare. Né mi par cosa da tralasciare, fra le notabili che mi avvennero, l’urto ch’io diedi col naso ne’ piedi d’un impiccato, che standosene ciondoloni in un’arbore faceva di se stesso una Jgrottesca in campo azurro.

Fu si tardi il giugnere che feci la sera a Laneburg che, per non essere il mio corpo ancora glorificato, non fu possibile entrare ianuis clausis ; onde, aspettando il portinaio, mi convenne stare un’altra ora a battere i denti al fresco. Entrai e fui proveduto d’albergo simile a quello ch’ebbe il Bernia a casa di quel prete dalla villa. Del pasto non occorre ragionare. E’ mi toccarono tre uova che, se ’l guattero prudente non fusse stato si presto a cuocerli, averebbono di lá a tre giorni partoriti tre basilischi. Un vinetto si dilicato e sottile che si sarebbe potuto bere co’ crivelli e con le fiscelle senza pericolo di perderne gocciola. Era fratei carnale della Morte e dell’ Amore. Oltre le quali gentilezze, l’oste, ottimo economico, per mortificar quegli spiriti i cui fumi potevano generar qualche vertigine al cerebro, facendo un miracolo contrario a quello di Cana di Galilea, con una dosa triplicata di battesimo gli avea dato il titolo del «re di Francia». Circa il dormire mi feci acconciare un canile su la schiena di quattro pancacce vecchie, e quivi andai per farmi un sonnarello. Le mie morbide piume furono un pagliariccio foderato di lesine e una schiavina tessuta di lana di porco, dove Luca e Luigi Pulci al cigolar delle tavole componevano a tutte l’ore sonetti mordaci. E la padrona, come quella che si dilettava mirabilmente di politica, mi fece grazia d’un paio di lenzuola soffritte in brodo, lardiere e bollate del marchio del signor marchese. Non parlo poi della topica che quella notte studiai. I topi menavano per l’asse del tetto e del palco la