Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/270

Da Wikisource.

rabbia, manifestando le mie sciocchezze senza pregiudicarmi in cose che rilevano molto piú. Il continovo corso de’ miei vari e fortune voli accidenti crederei oggimai che bastasse a farmi degno d’essere piú compatito che invidiato. E sarebbe pietá il considerare che se, fra tanti moti, pericoli e travagli, qualche cosa ho pur fatta, ho fatto oltre il possibile del poter mio. Né il vulgo de’ poeti correnti dovrebbe con tante persecuzioni calunniarmi, avendo piú tosto occasione d’amarmi, se non per altro, almeno per aver io portate le muse toscane di qua dall’ Alpi e introdottele nelle camere reali; e per aver fatto oltracciò al lauro, ch’ è pianta infeconda, invece di coccola produrre scudi del sole, che ben del sole meritano il nome, poiché a sostentamento de’ seguaci d’ Apollo si dispensano. Conviene pertanto darsene pace e soggiacere con pazienza a si fatta infelicitá, ringraziando tuttavia la divina providenza ch’almeno non diede a costoro le forze pari all’orgoglio e all’arroganza, si che ci possano nuocere. Una delle grazie principali che ci abbia fatte la natura fu, per mio aviso, il non aver dati i denti ai ranocchi, percioché poco ci gioverebbe il possedere le delizie di questo mondo, se ci fusse bisogno al passar de’ fossati armar le gambe di borsacchini di ferro per difenderci da’ morsi loro. Buon per noi eh ’essi abbiano la bocca sdentata, ché altrimenti la darebbono in barba agli aspidi e alle vipere; lá dove, essendo tali quali sono basterá che noi siamo piú tosto ben forniti d’orecchi che d’altre armature. Gracchino pure e garriscano a posta loro, ché il vero antidoto di questo veleno si è il tacere e procurar d’avanzarsi ogni giorno di bene in meglio. Cosi si confonde l’ignoranza, s’abbatte 1 ’ invidia, si conculca la calunnia, si calpesta la perfidia, s’abbassa la superbia, si sotterra la presunzione e si subbissa la temeritá.

Chiuderò questa lettera salutandovi di vivo cuore, abbracciandovi con tutta l’anima e ringraziandovi di nuovo del vostro cortese affetto in lodarmi tanto; del che non posso non sentirmi vi forte obligato. Obligato dico di tutte l’ altre lodi mi vi confesso, salvo solo di quella clic mi date, annoverandomi tra gli ebrei, poiché ben sapete ch’io non mi diletto punto