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volontá, cioè del prezzo, perché non la voglio passare in ceremonie. Dico risolutamente che voglio pagarlo; e se fará il ritroso, io non parlerò piú. La misura del quadro ha da esser tre palmi e mezo d’altezza e tre di larghezza, e vorrei Apollo quando saetta il Pitone. Avvisato che sarò da V. S., rimetterò subito in sua mano quel danaro ch’ Ella stessa mi dirá.
Il ritratto e le composizioni mandatemi non ho ricevute, né ho novella alcuna del signor Cavalca né so dove si sia. Toccherá dunque a lei d’ investigar ciò che ne sia e procurar che mi vengano nelle mani, ché allora non mancherò di darle in tutto il mio grido. E finisco.
Di Parigi [1620].
CLXVII
Al signor Giacomo Scaglia
Dá norme per una ristampa della Sampogna.
Per l’altro ordinario passato le scrissi a lungo, onde ora sarò
brevissimo. Io credeva mandarle con questa le correzioni della
Sampogna con alcune poche aggiunte che vi ho fatte, ma non
mi è stato possibile. Spero fra pochi giorni mandarle, si che
saranno, credo, a tempo per la seconda impressione. Mi scordai
divertirle l’umor mio circa i sonetti degli amici sopra di essa
Sampogna. Ora le dico liberamente ch’io non ho caro che in
essa Sampogna né in altra opera mia si metta altra composizione che le mie proprie, salvo s’io stesso talvolta mutassi pensiero per compiacere a qualche persona privilegiata. Non dico
che i sonetti e i madriali di costoro non sieno begli e buoni ;
ma s’ io volessi aprir questa porta, mi bisognerebbe caricare i
miei libri d’infinite ferragini per non far parzialitá. Siale per
aviso e non mi discompiaccia, la priego, in questo. Con che
le bacio le mani.
Di Parigi [1620].