Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/30

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Non mi può dir Diodato né ’l vicario ch’io rompa le vigilie, poiché guardo quelle anco che non son nel calendario.

La mensa ha un tovaglin tra bigio e bardo, e di tanti colori colorito che sembra il criminal di Gian Bernardo.

Intorno intorno cola di condito, per l’untume il color non si conosce, e si potrebbe ricamar col dito.

Mangiam sopra le gambe e in su le cosce, senza far cerimonie, ognun a caso, e diam le bocconate lente e flosce.

Qui non s’usa bicchier, ma un certo vaso con le man manche e con un’anca zoppa, e poi li manca un gran pezzo di naso.

Egli non si può dir «fiasco» né «coppa», non mette il suo vocabulo TAllunno, né men lo Spieileggio né lo Scoppa.

Boccal simil giamai non vide Autunno, né Silen con bottaccio tal traccanna, né Bacco né Priapo né Vertunno.

Non fu nappo giamai degno di manna, in cui ad alcun re da ber si porte, che s’avvicine a questo d’una spanna.

Il vin, fatto cristian, si mantien forte; néttar nel paragon può dirsi quello che suol Tarquinio dispensar in corte.

Non è greco, tribian, né moscatello, raspata, né vernaccia; ma una colla meritevole apunto del bordello.

Se se ne mette un poco in un’ampolla, oltreché da la peste Tuoni mantiene; se vi s’attacca, mai piú si discolia.

Circa il dormir noi la passiam poi bene, se ben non v’è lenzuol né materazzo che ci offendano il fegato e le rene.