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XXXIV
Ai. signor Simon Carlo Rondinelli a Roma
Si lagna di Ravenna e prega gli amici di serbar memoria di lui.
Fiutaculo (ché cosí ha nome il mulo ch’io ho cavalcato in
questo viaggio, perché non voleva mai dare un passo se non
teneva il muso fitto sotto la coda dell’altre bestie) mi ha pur
finalmente post varios casus portato sano e salvo in Ravenna,
se bene co’ coglioni tormentati e con le natiche peste. Ma appena
giunto mi è entrato un sfinimento nel core che mi fa vivere
disperatissimo. Questa è una cittá anzi un deserto che non
l’abiterebbono i zingari. Aria pestifera. Penuria di vitto, vini pessimi. Acque calile ed infami. Gente poca e salvatica e senza
manichei. O bella Roma, io ti sospiro! Sappiano gli amici che,
se questa dimora va in lungo, la mia vita s’abbrevia. Ringrazio
V. S. e ’l mio signor Marcello della consolazione che mi hanno
recata con le lor dolcissime lettere e, se mi vogliono vivo, non
lascino di continovare il favore. Debbo ben dolermi eli monsignor
Strozzi e del signor Avendagna che mi sieno contro la promessa
si scarsi di quattro righe, percioché, se noi vale il merito, il
merita l’affezione ch’io porto loro. Starò aspettando la nota
della direzione astrologica per V Adone. Intanto priego V. S. a
serbar memoria di me ed a serbarla particolarmente nel comandarmi; e resalutando il pargoletto con tutto il core, bacio all’uno
e all’altro reverentemente le mani.
Di Ravenna [febbraio 1005].
XXXV
Al signor cavalier Stigliani a Parma
Dá notizie del soggiorno ravennate e chiede alcuni favori.
Posso dire d’esser entrato con destro piede in Ravenna, poiché appena giunto mi seguono le lettere di V. S., le quali mi
sono state piti dolci che i dattoli di Cipro, che hanno sette