Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/65

Da Wikisource.

senza discrezione. In mano di V. S. la confido; e se bene le sarebbe per aventura piú caro un sonetto con la coda, per questa volta si contenti d’ accettarla cosí amorevolmente come io gliela invio. Per ricompensa non voglio altro se non che si prenda cura non solo di far presentar l’inclusa al signor Lucilio, ma d’ intercedermi con Sua Signoria il favore ch’io gli dimando. Intanto a V. S., al signor conte Massimiliano, al signor Zabarella e al signor Torquato fo mille profonde riverenze.

Di Ravenna [giugno 1607].

XLVII

Al serenissimo prencipe di Piamonte

Dedica del Ritratto ilei serenissimo don Carlo Emanuello, firmata dal conte di Rovigliasco, ma scritta dal Marino.

Dedico a V. A. il presente Panegirico. Non per aggiugnere con si fatto titolo fregio al cumulo degli altri suoi onori, ché assai chiari sono i raggi della sua serenissima luce. Non per illustrare col nome di si riguardevole personaggio il nome dell’auttore, ché giá egli è per tutto ed appo tutti non meno celebre che conosciuto. Non per difendere con l’auttoritá di si alto protettore il libro dalle accuse dei maligni, ché ormai cosí questa come ogni altra opera sua ha superata la calunnia e calpestata l’invidia. Non per aprirmi con questo mezzo l’adito alla grazia di V. A., ché troppo sono stato fin qui dagli eccessi delle sue grazie soprafatto. Non per procacciarmi con cotal dono, secondo la vile e meschina usanza dei mercenari dedicatori, alcun premio o ricompensa, ché non ispero di poter giamai scuotermi del grave peso di tanti debiti onde a lei ed al serenissimo suo padre e mio signore vivo obligato. La principal cagione adunque che a ciò fare mi ha condotto è stata solo per porre innanzi agli occhi di V. A. una imagine quasi viva delle virtú ch’ Ella dovrá imitare ed uno specchio lucidissimo dove potrá del continovo vagheggiar se stessa e le bellezze della sua regia casa; si che a guisa di quel nobile animale che al suon della tromba si risente, e di quell’altro che alla vista del sangue si rinfranca, in