Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/85

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quello della virtú. Se pretendeva gli onori senza meriti, era arrogante. Se pensava di conseguire il grido senza la fatica, era sciocco. Se invidiava chi l’aveva giá conseguito, era maligno.

Coloro che l’onore amano e della gloria hanno ambizione procurano l’immortalitá a se stessi e non la morte ad altri, tentano di trafiggere l’invidia e non d’ammazzare gli uomini, cercano d’ingannare il tempo e non di tradire chi non si guarda, si sforzano di far sentire per l ’accademie il rimbombo della lor fama e non per le piazze lo strepito dello scopietto. E che hanno da far le penne innocenti con gli ordigni micidiali? il suono delle rime col suono delle sparate? le fischiate delle burle coi fischi de’ cannoni? Se pure nutriva nel cuore contro di me cosi mal talento, doveva bastargli di fulminar rime e non fiamme, satire e non palle; doveva contentarsi di vibrar lingua di veleno e non lingue di fuoco, vomitar fiele da una gola serpentina e non piombo da una canna ferrata; doveva venir con l’epistole e non con le pistole, con lo stile e non con lo stiletto, con l’arco e non con l’archibugio: dico con l’arco della lira, stromento con cui s’inteneriscono gli animi; e non con quello della faretra, arnese con cui s’uccidono i pitoni. Non seppe egli meco con le forze dell’ingegno contendere: è ricorso alle tradigioni ed alle insidie. Conosceva non poter con la penna giostrar lecitamente del pari: si è servito delle armi vantaggiose e vietate. Non è stato sufficiente a lacerarmi la fama co’ morsi de’ denti: ha voluto passami’ il petto co’ tiri d’una bocca di fuoco. Lodato ’l cielo che non però Marte gli si è dimostro piú di quello che si facesse Apollo favorevole, né però egli s’è fatto questa volta conoscere punto miglior soldato che poeta o piú esperto nell’essercizio della milizia che dotto nella professione delle lettere. Né (per segnalato e notabile privilegio di chi può il tutto) altro male veggo io essermi da cotal sua malvagitá provenuto che ’l male dell’amico, il quale tanto piú vivamente mi si fa sentire quanto piú considero che senza alcuna sua colpa ha patito.

Piacesse a Dio che il Murtola di errare solamente con la penna e non con l’armi si fusse contentato! Imperoché gli errori