Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/267

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capo; cosi, doppo aver saputo per lor lettera medesima come Elle m’aveano eletto al principato, stetti alquanti giorni in dubietá s’ io dovessi accettare il troppo traboccante favore o pure rinunziarlo. E questa invero è stata la cagione ch’io loro risponda si tardi, come Elle veggono che faccio. Il qual mio dubbio mi s’accresceva in modo per la savia amministrazione del signor conte Pomponio Torelli, principe passato, che diventava quasi certezza e spavento, parendomi ch’assai chiaramente il mio difetto avesse ad essere scoperto dalla vicinitá di si degno paragone. Ma dall’altra parte, considerando io che in ogni maniera si disconveniva l’oppormi alla grave deliberazion di si perfetti giudizi, quali son quelli delle VV. SS., mi risolvetti finalmente e mi risolvo di suppor le spalle al peso a me da loro offerto, appigliandomi delli due mali al minore. Voglio, piú tosto ch’abusar l’elezzione, pormi in pericolo d’abusare il magistrato, mentre l’uno è fallo di discortesia, e però del tutto dannabile, e l’altro è d’ignoranza, e però in qualche parte degno di scusa. Dicono i naturali che Papi costituiscono loro reina quella che non ha ago da ferire né attezza da succhiare i fiori né industria da lavorare il miele. Similmente hanno fatto le SS. VV. con me. Alle quali bisognando nel loro virtuoso collegio affaticarsi per acquistar gloria nelle belle lettere e nelle buone, hanno locato nella sedia del riposo colui solo che d’erudizione è nudo e che di dottrina è spogliato, chiamandolo principe per riempir colla speziositá del nome la mancanza del sapere, e per farlo tanto superiore agli altri in degnitá quanto egli è inferiore in valore. La qual sollevazion delle parti deboli fu sempre necessaria per la conserva del tutto e sempre usitata da’ savi. Savia è la natura nel mantenimento de’ corpi animati, e perciò aggrandisce per gonfiezza le membra inferme e lascia basse le sane, prendendosi maggior cura di quelle che non fa di queste. Tuttalvolta, comunque ciò si sia stato e si sia che le SS. VV. abbiano voluto onorarmi, io non niego che, vedendomi fuor d’ogni aspettazione sublimato a si fatta altezza, non senta quella paura che sentiva Bellerofonte sul pegaso overo Ruggiero sull’ippogrifo: ché «altezza» posso ben chiamar quel posto sotto al quale non