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XXXI

Al signor cardinale d’Este il vecchio, a Modona


Raccomanda il sacerdote Pietro Giapponi, il quale desidera entrare al servigio del cardinale in qualitá di cappellano.

Di Parma, 7 ottobre 1615.

XXXII

A Giambattista Marino


S atira del marinismo.

Offerendosi questi mesi passati l’opportuna occasione di monsú d’ Urfé, che di Parma veniva a Parigi e che mi richiese instantemente ch’io volessi scrivere a V. S., io gli scrissi, non giá per far compimenti seco né per riceverne da lei, ma per non vilipendere la cordiale instanza di quel buon cavaliere, che volentieri ci vede stare in concordia ed essere amici. Fecilo ancora per rappresentare a V. S. con tale occasione una sincera significazion del mio solito amore, in risposta della quale avessi io poi ad esser consolato da lei con altrettanto avviso di sua salute ed ad esser favorito con altrettanto comandamento di suo servigio; poiché le cerimonie vane furono sempre nemiche della mia penna e della mia lingua e del mio cuore, massimamente trattandosi con uomini virtuosi e congiunti in amicizia domestica. Nondimeno è piaciuto a V. S. d’apprendere la detta mia lettera non per quale ella è, ma per una oziosa disfida a contendere di belle parole e cerimoniose e per un capriccioso morbino di voler con lei la baia. Per la qual cosa, essendosene mezo corsa ed entrata in valigia, m’ha riscritto Ch’Ella non può per adesso dar degna risposta a tanta mia compitezza, perché prima vuol riveder tutte le sue lettere vecchie e, lambiccandole, rifarne una buona e quella mandarmi, la qual abbia a contener non altro che le mie lodi. Io, come dico, non iscrissi a V. S. con questa vana intenzione; ché