Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/373

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con sensata certezza, non ostante che esse infermitá ricevano alimento dall’intrinseco, e massimamente l’ulcere e i mali nascenti. Ché perciò Ippocrate nel libro De medico pare che da simili cure richiegga sempre, e come d’obbligo, la felicitá dell’evento. «Turpe est — dice egli — a chirurgiis non contingere quod velis».

L’altra parte poi, la quale è la fisica, si crede da me essere pur vera tutta, fuorché in una sua sola operazione, ma importante; e questa è il dare all’infermo la medicina composta di piú ingredienti semplici. Della qual mia incredulitá la fondamental ragione si è che essa fisica parte, maneggiandosi intorno ad indisposizioni interiori, nelle quali la conghiettura si può di lieve ingannar («morbi — per soggiunzion del medesimo Ippocrate, — qui ad interna vertuntur, in obscuro sunt positi»), non sempre conosce la causa del male, né sempre il male istesso, né sempre il sintonia di quello, né sempre il rimedio. Percioché, solendo spesse volte nascere da una sola causa piú morbi diversi, e mostrando un solo morbo piú sintomi communi ad altri morbi, ed essendo un solo sintoma indizio di piú morbi differenti, e richiedendo ciascun morbo il suo particolar rimedio, di qui è che talora si medica un morbo per un altro, e conseguentemente s’uccide l’ammalato, dove gli si dia il medicamento composto, o almeno si pone a molto rischio. Perché il composto è sempre piú gagliardo che ’l semplice, se vero è che piú gagliarda sia l’ union delle virtú che la singolaritá di quelle. Per esempio, il dolor colico, che è quel del ventre, ed il dolor nefritico, che è quel delle pietre renali, si producono da contraria causa, essendo l’una il freddo del flato e l’altra il caldo delle reni. Ma perché essi dolori mostrano di fuori l’ istesso sintoma, l’artefice il piú delle volte v’equivoca, prendendo una infermitá in cambio d’un’altra, e medica il freddo col freddo overo il caldo col caldo : cosa che, essendo fatta contra ogni ragionevol dettame e contra l’usitato afforismo: «Contraria contrariis curantur», non solo non discaccia l’indisposizione ma la fomenta e l’accresce. I quali falli, quando a Galeno (come in un suo opuscolo leggiamo) poterono intervenire, il quale era