Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/374

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si oculato e si perspicace che ne meritò il titolo di «magno», molto piú agevolmente interverranno ad altri medici minori: «Simi Hi udo mor borimi peritis edam medie is confiisiones et errore s».

Dalla detta mia ragione segue non esser tanto gran delitto quanto l’accusatore il fa, che uno ingegno non servile ma ingenuo, quale è il mio, dove vegga tanta difficoltá di conoscere i morbi e tanta incertezza d’operare, s’appigli a credere che piú sicura cosa sieno i medicamenti leggieri che i violenti. I leggieri, siccome per sé possono arrecar picciolo giovamento, cosi arrecano picciolo danno e sono anco aiutati ed invigoriti dall’opera della natura, la quale è la vera medica de’ nostri mali. Ma i violenti sanano o ammazzano e, quel ch’è peggio, il sanare è di raro e l’ammazzare è spesso, perché alle cose veementi ed impetuose è piú proprio lo sconsertar la via eh ’essa natura ha presa che non è il secondarla. Onde ragionevolmente, come dissi, io inchino a dar piú fede a’ medicamenti semplici e singulari che a quegli altri, quale è verbigrazia l’evacuazion per manna, per cassia, per polipodio, per cibi solutivi e per cristieri communi. Il che è anco consiglio dell’istesso Ippocrate, dove il caso sia incerto. «Si quis morbum non cognoscat, medicameutum praebeat non forte». Credo ancora nella flebotomia, purché ’l sangue si tragga nel principio della malattia, quando la virtú è vigorosa e non ancora cosi affiacchita che non possa resistere allo scemamento degli spiriti che con esso sangue vengon fuori. Credo nel moderato vomito, nel moderato sudore, quando moderata sia l’infermitá; nel moderato esercizio corporale, nella moderata dieta, nel mangiar cose di buon nodrimento e finalmente nel modesto allegrarsi. All’incontro abomino ed ho in odio tutte le violenze dell’arte, ma piú d’ogni altra la sopradetta, cioè quella delle medicine composte, le quali veramente son tutte cose violente e, commovendo violentemente gli umori, non possono far di meno di non condurre il paziente a molto pericolo della vita, eziandio quando il morbo si conosca e si curi appunto per quello che è e non per un altro. Ché perciò non ho io giammai voluto pigliarne nelle mie infermitá, cosi gravi come