Pagina:Marino Poesie varie (1913).djvu/139

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idilli pastorali 127


     Ma, sempre invitto infra i guerrier piú audaci,
d’ogni altro il mio Schiavon straccia le penne,
e ’n cento assalti duri e pertinaci
pubbliche palme con applauso ottenne.
L’altrier videlo Elpinia, e mille baci,
spoglia de la vittoria, a dar gli venne.
Ma, se abbassi a gradirlo il cor superbo,
per te si guarda ed a te sola il serbo.

     Tolsi una gazza dal materno nido,
ch’appreso ha il nome tuo, scaltra e loquace.
Di monte in monte il dí, di lido in lido,
sen va volando libera e fugace;
la sera poscia con festivo grido
ritorna a la magion quando le piace;
mi siede in grembo, e con affetto umano
attende il cibo sol da la mia mano.

     L’indico parlator quasi somiglia
sí ne la piuma a piú color diversa,
sí ne la lingua ardita a meraviglia,
onde con ninfe e con pastor conversa;
e, per darmi piacer, spesso ripiglia:
— Clori, Clori crudel, Clori perversa! —
Or quest’augel, c’ha sí vivace ingegno,
pur di Clori sará, s’ei n’è pur degno.

     Io ho di minio ancor fregiato un arco,
c’ha di seta la corda e d’òr la cocca.
Se tu n’andrai di questo armata al varco,
ne fia d’invidia ogni altra ninfa tócca;
sará d’arciera tal ben degno incarco,
ch’amorose saette a l’alme scocca.
Di corno arma le punte e, salvo questo,
di pieghevole nervo è tutto il resto.