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344 parte settima

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     Fede ne renda la cittá rubella,
che d’Aquilone i contumaci accoglie,
di ciechi error Pentapoli novella
e Babilonia di confuse voglie,
dove assai piú lo spinse amor di Cristo
ch’aviditá d’alcun mortale acquisto.

188

     E ben da quella sozza empia sentina,
dov’ogni mal rifugge e si restringe,
due volte egli la spada ebbe vicina
a discacciar l’usurpatrice sfinge,
e due, ne l’impugnar l’armi commosse,
le vittorie di man si vide scosse.

189

     Era Genèva, ad onta de l’inferno,
omai giunta a sentir gli ultimi danni,
se l’una con oltraggio e con ischerno,
l’altra con tradimenti e con inganni,
Fortuna ingiuriosa, Invidia ria
al gran camin non precidean la via.

190

     La prima palma Invidia gl’interdisse,
che l’altrui ben, quasi suo male aborre;
Fortuna la seconda gli disdisse,
che si suol sempre a’ bei principi opporre;
ambedue de’ magnanimi nemiche,
ambedue di Virtute emule antiche.

191

     Ma che? Serrate il passo, anime sciocche,
di cinto adamantin l’argin cerchiate,
di mura insuperabili e di ròcche
pazze strutture incontr’al cielo alzate,
votate fosse e stabilite ponti,
vaste selve opponete e vasti monti;