Pagina:Martinetti - Saggi e discorsi, 1926.djvu/13

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getto unico e definitivo dolio aspirazioni o delle attività umane. Una questione di questa natura, che involge in sè la trattazione di tutti i più gravi problemi relativi alla conoscenza ed all’esistenza, esigerebbe naturalmente un ben più vasto svolgimento: le conclusioni, che qui riassumiamo, hanno il loro posto alla fine, non ai primi inizi d’un sistema filosofico. Gioverà tuttavia ricordare qui brevemente come anche nella sfera dell’esperienza naturale la serena considerazione dei fatti escluda la superficiale filosofia religiosa del naturalismo: l’ordine meccanico artificiale creato dalla scienza con le sue astrazioni, quando noi lo consideriamo più profondamente, si risolve, come già Leibniz divinò, in un ordine armonioso di pensieri, di impulsi, di volontà analoghe a quella che s’agita nel nostro interno, il quale può avere la sua esplicazione ed il suo legittimo compimento solo nel regno luminoso dello spirito e nel suo graduale progresso verso l’unità che ne traluce. Ma l’argomento più potente in favore dell’interpretazione religiosa della realtà e della vita ci è dato dalla vita stessa dello spirito: dove è possibile dare un senso e un fine alle molteplici attività umane solo quando esse vengano considerate come manifestazioni imperfette e graduali di un’attività unica, che ha nella religione la sua ultima conclusione. Il fatto religioso, in modo particolare, costituirebbe esso medesimo, nella sua universalità e perennità, un miracolo continuo ed inesplicabile, se la religione non fosse la realizzazione di un fine fondato sulla natura dell’uomo e delle cose: fine che solo può dare un senso alle altre forme dell’attività spirituale, che altrimenti sarebbero destinate ad esaurire i loro sforzi dietro alla chimera d’un progresso indefinito; e solo può dare un senso a quelle aspirazioni verso una perfezione trascendente, che l’elevazione dello spirito e l’esercizio delle facoltà superiori non solo non distruggono, ma anzi rendono più perfette e più intense.

La stessa considerazione teoretica della realtà conduce così a concludere, nello stesso indirizzo del sentimento, che la vita religiosa non è soltanto il frutto d’un’illusione primitiva, ma costituisce veramente la rivelazione d’una realtà più profonda, la conversione qualitativa suprema dello spirito, in cui le altre forme della vita trovano il loro fondamento ed il loro fine. Certo essa ha, come ogni progresso spirituale, la sua ori-