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conoscere. Ma questa conclusione sembra dover condurre alla paradossale conseguenza che il mondo è per ciascuno soltanto una fantasmagoria, un’allucinazione personale: come è allora possibile parlare ancora di valore obbiettivo della scienza? Questa è la causa per la quale Kant, creatore del moderno idealismo ci dà nella Critica una confutazione dell’idealismo e si mostra corrucciato contro coloro che confondono la sua dottrina con l’idealismo dei suoi precursori. Anch’egli parte dalla stessa constatazione che il mondo è costituito dai materiali che ci danno le nostre attività conoscitive: ma non per questo, dice Kant, deve la filosofia vedere nel mondo sensibile solo un’immaginazione subbiettiva. Il mondo non è una costruzione del soggetto personale, ma dello spirito umano in genere: è il mondo dell’esperienza umana, la realtà tale quale deve necessariamente apparire allo spirito umano. Quest’affermazione vuol dire in primo luogo che il mondo è realtà, non allucinazione dei sensi; che è la traduzione d’un originale a noi inaccessibile: traduzione che necessariamente dà a questo originale una forma tutta sua, ma che in qualche modo lo rende a noi e dalla relazione con questo originale riceve realtà, senso e valore. In secondo luogo vuol dire che questa traduzione non è una traduzione personale, ma fondata sulle leggi universali, immanenti a tutti gli spiriti umani: perciò essa costituisce non un’apparenza soggettiva, ma un’esperienza comune a tutti gli uomini, il mondo della realtà umana. Ed allora si capisce come in un mondo, che pure è soltanto la nostra esperienza, siano possibili la conoscenza dell’esperienza e la scienza. Questo mondo dell’esperienza umana è retto da leggi, modellato da forme che sono le stesse leggi costitutive del nostro spirito: soltanto ciò che è costruito secondo queste leggi universali dello spirito vale come realtà, esperienza obbiettiva, verità: l’errore, l’illusione nasce da ciò che è soltanto soggettivo, individuale e non si conforma alle leggi obbiettive dello spirito.

Uno dei punti più popolari e nello stesso tempo più difficili e più fraintesi di questa dottrina kantiana dell’idealità del mondo è quello che si riferisce al tempo ed allo spazio: che sono, secondo Kant, le forme più elementari della conoscenza umana, le forme in cui deve necessariamente presentarsi alla coscienza ogni realtà per diventare esperienza umana. Che,