Pagina:Martinetti - Saggi e discorsi, 1926.djvu/134

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costituiscono l’intelletto umano: un conoscere altro da questo noi non sappiamo che cosa voglia dire. Perciò nessun conoscere senza impressioni, nessun conoscere senza la forma temporale e spaziale, nessun conoscere fuori delle leggi intellettive. Perciò tutto quello che noi possiamo conoscere e fare oggetto di scienza deve appartenere a questo mondo sensibile o come realtà sensibile o come astrazione da essa derivata: noi non abbiamo nè possiamo avere conoscenza di ciò che non entra in questo campo. Essere reale vuol dire essere nel tempo e nello spazio ovvero derivare come astrazione da qualche cosa che è nel tempo e nello spazio. Kant non dice con questo che nulla esiste se non ciò che è nel tempo e nello spazio: anzi noi sappiamo che tutto quello che è nel tempo e nello spazio è soltanto fenomeno condizionato dalla natura del nostro spirito. Ma appunto per questo esso è anche la sola forma di realtà che il nostro spirito pòssa obbiettivamente conoscere. Così ciò che fa parte del mondo che noi conosciamo deve senza eccezione possibile obbedire alle leggi del nostro intelletto, che hanno la loro più rigorosa espressione nei principii della concatenazione scientifica. Noi conosciamo soltanto il mondo dell’esperienza umana: e questo è nella sua perfetta espressione quel mondo concatenato secondo cause e secondo leggi che ci rivela la scienza.

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Nessun filosofo mai ha con tanto vigore fondato ed assicurato l’opera della scienza escludendone rigorosamente ogni problema trascendente come ogni ricorso a fattori ed interventi soprannaturali. Perciò si comprende come l’opera di Kant abbia potuto essere interpretata come una pura propedeutica alla scienza: interpretazione che riceve una certa verisimiglianza anche dal contenuto dell’ultima parte della «Critica», la Dialettica; la quale comprende, com’è ben noto, una critica radicale dei risultati e dei metodi della metafisica. Ma in realtà questo esame mira a ben altro che ad un risultato puramente negativo: perchè se la metafisica fosse soltanto un’aberrazione dello spirito, come mai, dice Kant, potremmo spiegarci che