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essa persiste così tenacemente e rigermoglia, ogni volta che viene recisa, sempre più vigorosa?
Vi deve quindi essere nella natura stessa del nostro conoscere una secreta ragione di questa costanza del pensiero umano a voler penetrare al di là di questa realtà che conosciamo. Il lungo ed intricato esame, che Kant dedica nella «Critica» ai principii del conoscere, lo conduce a questa conclusione: che essi ci danno delle conoscenze reali soltanto nell’ambito dell’esperienza; ma che nello stesso tempo, portati alle loro conclusioni ultime, ci costringono a riconoscere che il mondo dell’esperienza è la traduzione umana d’una realtà razionale, non soggetta alle condizioni dello spazio e del tempo. Senza dubbio noi non possiamo più avere nessuna conoscenza vera e propria di questa realtà: anzi l’affermazione stessa della sua esistenza è soltanto, come Kant dice, l’affermazione d’un’esigenza: ma in ogni modo noi dobbiamo riconoscere che possiamo dare senso e realtà a questo nostro mondo, soltanto se pensiamo come fondamento dell’essere suo una realtà soprasensibile, che noi possiamo solo impropriamente designare ed esprimere.
Non deve quindi più farci meraviglia che il pensiero umano abbia in ogni tempo cercato di elevarsi verso questo mondo sovrumano: e che, abbandonandosi più al desiderio ed alla fantasia che alla fredda ragione critica, lo abbia raffigurato con immagini e concetti che hanno un senso soltanto nel mondo dell’esperienza: in questa necessità di una figurazione empirica hanno avuto la loro origine i miti e i dogmi delle religioni, come i sistemi della metafisica.
Però questa spiegazione non è ancora una giustificazione: se noi non possiamo nulla conoscere di questo mondo soprasensibile, perchè non ci chiuderemo in questa realtà umana, dove sono le nostre gioie e i nostri dolori, abbandonando ogni preoccupazione di ciò che vi può essere al di là di essa?
Qui noi passiamo al secondo punto essenziale della dottrina kantiana. Kant riconosce che la ragione ci rinvia ad un al di là, ma non è in grado di farcelo conoscere: e che quando s’illude di poter penetrare in questo campo, si avvolge in errori e contraddizioni inestricabili. Ma se la ragione non può farci conoscere il soprasensibile, essa può bene e con tutta sicurezza dirci come dobbiamo dirigere la nostra condotta per vivere come