Pagina:Martinetti - Saggi e discorsi, 1926.djvu/7

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ticolari successivi, in cui troverà il proprio ampliamento e la propria conferma.

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Il multiforme complesso delle attività umane non può costituire, se è vero che il mondo dell’esperienza deve essere riducibile ad un sistema intelligibile, una molteplicità disgregata di attività isolate, ma deve costituire uno svolgimento unico e continuo, un sistema in cui le attività stesse si concatenano e si dispongono secondo una gradazione di valore determinata dal loro rispettivo rapporto con quell’attività che costituisce il valore supremo, il fine di tutto il sistema. Il primo e più vasto gruppo di questo insieme ci è dato dal complesso di quelle attività umane che hanno per fine la conservazione organica e che noi possiamo chiamare attività tecniche: complesso che ha subito, parallelamente al progresso della vita umana sotto ogni altro rapporto, uno svolgimento considerevole e che abbraccia tutti i mezzi per cui l’uomo esplica la propria potenza sulla natura facendola servire ai suoi fini materiali. Sul fondamento delle attività tecniche si leva un altro ordine di attività, che trascendono nella loro finalità i fini egoistici dell’individuo e sembrano avere il loro oggetto nella costituzione d’una viltà collettiva, d’un organismo sociale eretto, come una specie di personalità superiore, sulle unità individuali; questa è la sfera della morale e del diritto. E finalmente dalla costituzione di quest’unità morale della collettività viene reso possibile un altro ordine di funzioni, in cui sembrano riassumersi la ragione ed il fine di tutto il processo: queste sono le attività che costituiscono ciò che nel suo più ristretto senso diciamo cultura — e cioè l’arte, la scienza, la filosofia, la religione. Ora in quale di queste sfere, in quale di queste attività, ci chiediamo, dobbiamo noi effettivamente porre il valore supremo della vita, sì da poterne derivare il criterio con cui giudicare del rispettivo valore e del reale compito delle altre attività? Certo lo spirito raramente si pone questa domanda nel corso della vita pratica, guidata generalmente dagli istinti, dai sentimenti, dal caso, più che dalla riflessione; ma la filosofia non può, quando voglia procedere ad una definitiva valutazione teorica della vita e dei suoi vari aspetti, non proporsi nella sua integrità l’arduo problema.