Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 1.djvu/146

Da Wikisource.

— 146 —

corrispondere a tutte le richieste. L’aristocrazia inglese non si tenea umiliata battendo alla porta della scienza.

Gaetano non aveva mai voluto cangiare il suo domicilio con un altro più splendido e di lustro maggiore, imperciocchè sentiva una soddisfazione grandissima nel costringere la schifiltosa nobiltà britannica a cacciare le sue livree e i suoi scudi gentilizi nell’angusta ed ignobile stradella ov’egli aveva stanza. Non dimentichiamo che se quest’uomo straordinario si era tutto consacrato al sollievo dei sofferenti, non era stimolo in lui di filantropici sentimenti, ma era sibbene stramba vendetta che ei prendeva contro la natura e la società; mentre all’una ei dicea con superbia: «Va, matrigna maledetta, ho squarciato il velo che covre le tue miserie, or che la vita e la morte degli uomini sono in mia mano», e alla società dicea: «Ridi pure di me, vecchia cortegiana, ma striscia però a’ miei piedi, e dimandami un’ora, un quarto d’ora di vita pe’ tuoi adepti, che si vergognano di dirsi miei simili».

E tant’oltre egli spingea l’odio verso l’umanità che, sendo estremamente ricco, non fu mai veduto a gittare un tozzo di pane, od un obolo a chi vedea languir per fame, mentre d’altra parte avea tanto disprezzo pel danaro, che per trarsi una voglia o un capriccio qualunque, non titubava a spandere le ghinee a piene mani. Un fatto narreremo per dare un’idea del carattere eccentrico e bizzarro di quest’uomo.