Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 1.djvu/97

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un paese, sospiro di lontane genti, delizia dei suoi abitatori, ricetto di tenerissimo ricordanze, gloria del suolo partenopeo. Questo paese si addimanda Sorrento.

E quando vi avrò detto questo nome, non avrò mestieri di aggiungere altro per farvi comprendere come subitamente le amarezze del vostro cuore, o la stanchezza di fastidiosa vita andran dileguate da quella brezza di paradiso che Iddio si è compiaciuto di soffiar su quella terra di eterna primavera.

Dal momento che montate in carrozza per portarvi da Castellammare a Sorrento, comincia a spiegarsi a’ vostri occhi quella lanterna magica di naturali maraviglie, che si chiama il Piano, e che per lo spazio di circa dodici miglia non lascerà un istante di sorprendervi con le sue centomila bellezze. Si direbbe che la natura voglia prendersi lo spasso di mostrarvi l’una dopo l’altra, con incessante varietà, le sue scene teatrali. E sì che vi ha de’ momenti in cui avete bisogno di richiamare tutta la vostra coscienza per non credere che siete sotto l’impero di un sogno incantevole, ovvero per non istimar dipinte quelle scene di tanta bellezza. Voi percorrete un cammino che quasi nacondesi sotto i piedi di bizzarri monti, estremo ramo degli Appennini Campani, e che segna, lungo il mare, tante curve, quanti sono i capricci di quelle alpestri rupi che cadono a piombo sul mare.

Ad ogni svoltata è uno spettacolo nuovo; talvolta scorgi profonde vallate piene di ombre e