Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/100

Da Wikisource.

— 100 —


va in tutta la consolante divina grandezza; ma le passioni e la situazione in cui trovatasi non lasciavano di annebbiargli in modo l’intelletto da fargli considerare l’atto forsennato del suicidio come impostogli da un sacro dovere. Non in altra guisa estimava egli poter fare onorata ammenda agli occhi della famiglia Rionero che sacrificando la propria vita. Gaetano Pisani credeva doversi immolare per l’onore di Oliviero Blackman, per la pace di Beatrice, per gratitudine verso il Marchese, ed anche per riscattare in parte la colpa del genitore.

— Cessi ogni debolezza, disse indi a poco, il tempo delle passioni è finito! Il sacrificio della mia esistenza è necessario... Ben io lo dicea nel presentimento del mio cuore; senza saperne il perchè io sentiva che Beatrice non poteva esser mia... L’ombra della trafitta madre di lei si sarebbe ogni notte levata tra noi e mi avrebbe sul volto spruzzato il sangue che mio padre le fece scorrer dal seno... Sì, la sola morte è la felicità che mi spetta, il matrimonio che mi si addice; la bara sarà il mio letto nuziale... Beatrice almeno non mi maledirà...»

Gaetano si rasciugò gli occhi, si accostò ad un tavolo sa cui stava l’occorrente da scrivere e con ferma mano segnò lo seguenti righe:

«Signor Marchese — Allorchè più tardi entrerete nella mia stanza, io più non sarò tra i viventi... Beatrice è libera... Ignorino tutti il funesto discoprimento di ieri la sera. Attribuiscasi la mia morte ad un momento di follia, ad un eccesso di spleen. Troverete sul mio tavolo