Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/113

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a’ miei fianchi, la mia Carolina, la mia sorella; l’amica mia... Tutti chiedevan o dello sposo... ed ecco aprirsi un uscio, che fino a quel momento era rimasto chiuso, ed un uomo venir fuori. Lo sposo! lo sposo! gridavan tutti, ma colui pareva titubasse nell’accostarsi a me; mi prese poscia per la mano e mi guidava al talamo; ma in un momento tutt’i lumi si spensero, tutte le voci e i canti cessarono; l’oscurità e il silenzio invasero tutte le stanze... E, allorchè fummo soli nella camera nuziale, una voce ch’io non vedeva donde partisse, una voce misteriosa e solenne mi fe’ scendere nelle orecchie queste orribili parole; «L’uomo che tu sposasti è il figlio dell’assassino di tua madre». Io gettai un grido di spavento e mi parve di svenire. Un istante dappoi la camera si rischiarò novellamente, ma di una luce come di un tramonto di sole; un coro d’angioli risuonò per l’aria che cantava:


Su i colli beati dagli astri più belli;
     Vicino alle tombe de’ muti fratelli;
     Tra le aure fuggenti che parlano amore;
     Col giorno che muore — è bello il morir!
Se al letto paterno la fronte riposi,
     E vedi l’amica dagli occhi pensosi,
     E senti la madre toccarti col viso,
     È bacio, è sorriso — di morte il sospir1.

«E mentre questo coro accompagnato da sublimi arpe celesti» trasportava l’anima mia al di

  1. Versi di Sav. Cost. Amato.