Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/118

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davan sempre, il padre, tesoro inesauribile di tenerezza, Carolina, personificazione dell’amicizia più pura e dilicata, Geltrude, il tipo della più calda e rispettosa devozione, Gaetano, l’uomo cui ella avea consacrato ormai la vita sua e che in iscambio avea posta a piedi di lei la sua mente e il suo cuore.

E questi quattro esseri non si rimaneano, neppure per un momento, schivi di cure attorno alla cara fanciulla.

Gaetano, in tutto il rimanente della giornata del 30 giugno dispose che d’ora in ora si fosse fatto bere all’inferma una pozione semplice e atta ad allontanar dolcemente la febbre.

Il giorno appresso Beatrice aveva i polsi più tranquilli e rimessi, il capo non più le doleva per estrema fiacchezza, ma la fanciulla era men sorridente del giorno innanzi, meno disposta a conversare, meno espansiva.

Il Marchese aveva evitato con somma cura di richiamare alla memoria di lei qualunque circostanza che potesse farle ricordare della scena accaduta nella stanza nuziale. Con arte grandissima l’amorevol genitore era giunto a persuaderla che, non sì tosto entrata nella camera nuziale, dopo la sacra cerimonia, ella fosse stata sorpresa da un deliquio, durante il quale aveva avuto il sogno da lei narrato, sogno di fantasia febbricitante.

Il conte Franconi, Carolina e Geltrude si adoperarono a distrarre la giovinetta da quella specie di abbattimento in cui sembrava caduta, ma ella corrispondendo con amorevolezza alle