Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/117

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Miseri e ciechi figli della creta, esseri debolissimi, noi dovremmo dalle nostre imperfettissime lingue cancellar la parola sempre, stolta ironia che serve a far sempre risaltare la nostra ignoranza e dappocagine. Il minuto secondo che succede al presente ci è ascoso in tenebre densissime, contro le quali si frange tutta l’umana superbia; eppur noi fabbrichiamo sull’avvenire come su una salda rupe! Se una disgrazia ci sorprende, ci crediamo per sempre infelici; se un prospero avvenimento ci allieta, ci crediamo felici per sempre; l’immaginazione, questo simulacro che genera milioni di simulacri, l’immaginazione, quest’essere che non esiste, questa larva del passato, questa illusione del futuro, l’immaginazione è tutta la nostra esistenza, tutta la nostra miseria, tutta la nostra felicità.

Il primo dovere che Gaetano s’impose fu quello di ridonar la salute a Beatrice.

Rimessa dal suo lungo deliquio, la giovinetta era rimasta in tale spaventevole prostrazione di forze che le toccava e sconvolgea leggiermente la ragione... Ella era in quello stato in cui si trova un convalescente dopo un anno di malattia; le orecchie le zufolavano; avea frequenti vertigini che le annebbiavano la vista per modo ch’ella credea talvolta ridivenir cieca, siccome in fatti credè essere addivenuta pochi momenti dappoi che si fu rimessa dal suo deliquio.

Beatrice non potè alzarsi dal letto, anche perchè la febbre l’avea colta.

Quattro esseri amati e amantissimi la circon-