Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/132

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landate, sfolgoranti di vezzi e di diamanti, che gittavano lampi di elettrica luce. Una moltitudine di personaggi della più scelta società vi si vedeano, parecchi uffiziali della marina francese, dalle graziose divise leggerissime per ballo, non meno che un gran numero di uffiziali del Real Esercito napolitano dalle pettiglie lucidissime, nelle quali venivano a rifragnersi in ogni verso le onde di luce che scappavano da cento candelabri in forma di obelischi e da mille torchetti di enormi lumiere di bronzo dorato.

Quella folla così elegante, così composta, così felice, così estranea in apparenza al retaggio di dolore legato all’umanità; quella famiglia di esseri sì lucidi sì belli, sì scintillanti, pe’ quali il piacere parea dovesse essere l’unico scopo della vita, quella folla si agitava come sotto la verga d’una fata, e moltiplicavasi ne’ dorati larghissimi specchi in altrettante centinaia di esseri fantastici intangibili, e sorridenti come in un sogno.

Una luce vivissima e bianca refratta da mille diamanti, da mille fregi dorati, da paramenti di finissima seta e da un pavimento terso come cristallo rosso; un’armonia di mille istrumenti che gittavano a torrenti ne’ cuori l’ebbrezza e il fascino del piacere, erano questi i due elementi onde componeasi quel mondo di eleganza, di raffinata sensualità, di allettamenti; quivi le fisonomie erano tutte liete, tutte animate di gioia, gli sguardi eran tutti spiranti amicizia ed amore.

In quell’anno Napoli era, più del consueto,