Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/152

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ba: ed oggi quell’una per salvar la quale egli avrebbe dato tatto il suo sangue, quell’una si morìa nei mistero di un morbo incomprensibile per quanto vorace e inesorabile.

Gaetano avea momenti in cui sentiva venirgli meno il coraggio della rassegnazione; ma questi momenti eran vinti da lui col fervore di una preghiera solenne che volgeva all’Ente Supremo, implorando da Lui la grazia d’illuminargli la mente sulla infermità di Beatrice ovvero di dargli la forza di vederla perire a poco a poco senza poterla strappare ai male che la uccideva.

Allorchè la giovinetta soggiaceva al sopore che per molte ore prendeala, Gaetano immobile a costa di lei, studiava attentamente tutti i visibili caratteri del morbo, esplorando lungamente il polso di lei; scandagliavane la respirazione, calcolava i battiti della circolazione, sorprendeva ogni movimento, ogni sussulto, ogni fase: ravvicinava i sintomi, compava gli eccessi febbrili, svolgea nella mente diversi sistemi; ma a capo delle sue meditazioni egli si trovava nello stesso punto dal quale aveva preso le mosse... La disperazione allora si sarebbe impadronita di lui, se la Religione fortemente non si fosse fatta sentire al suo cuore.

«Manus Domini tetigit me! diceva a sè medesimo il tapino, Dio vuol punire la mia superbia, vuol colpirmi nella più cara parte del mio cuore... Vederla soffrire senza aiutarla!.. vederla morire, senza neanche conoscere il