Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/155

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fanciulla sembrava men travagliata dal male meno sfiduciosa de’ rimedi che Gaetano le prescriveva e meno chiusa in sè medesima.

Ma questi momenti erano rari e rapidissimi; ella ricadeva subitamente nel consueto languore e in quella specie di letargo in cui per molte ore si giaceva, quasi estinta si fosse.

Una sera, come al solito, Rionero stava alla sponda del letto di sua figlia. Carolina era occupata in altre stanze a preparare una tisana all’inferma.

Beatrice si destò dal suo opprimente sopore, si levò di botto a metà del letto, spalancò gli occhi in tutta la loro ampiezza e si voltò verso la sponda dritta del letto ove soleva rimanersi il padre.

Rionero dormiva col capo abbandonato sulle braccia, e queste abbandonate sulla coperta. La natura avea reclamato i suoi dritti; era quel sonno di stanchezza che tien dietro alle lunghe veglie. Erano tante notti che Rionero non si coricava; tante volte il giorno l’avea sorpreso dappresso al tetto della figliuola! I più grandi dolori come le più grandi gioie non possono sottrarre l’uomo all’impero delle leggi naturali: la fame ed il sonno ravvicinano ed agguagliano ad un livello tutti gli esseri, non tengono conto dei patemi all’animo. Una provvidenzial legge di natura ha disposto che il sonno faccia maggiormente sentire il suo scettro di piombo su due occhi che han pianto lungamente.

Beatrice fissò sul padre uno sguardo di an-