Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/23

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mia; la tua voce; la sola tua voce bastò a trasformare il mio essere a darmi altra esistenza... E quando ti vidi... Oh, sallo Iddio quel che provò questo mio cuore! Una forza superiore, incompressibile, mi cacciò nell’anima un subitaneo ardentissimo amaro. Sì, la volontà dell’Eterno mi comandò di amarti!

Io renderò tra poco tempo la vista agli occhi tuoi; sarà questo il giorno più bello della vita mia. Per esso io benedirò venti anni di studi indefessi e di enormi fatiche durate in su i volumi dell’arte medica. Per questo giorno io non maledirò gli affanni patiti e le torture del mio povero cuore. Le tue pupille ricontempleranno il cielo, il creato, tuo padre... e si fisseranno su me... Ahi! Come tremo in pensandovi! Oh! possa tu non guardare l’anima mia; possa tu non vedere altro che il mio cuore!

Se io fossi rimasto morto a Napoli, sotto i colpi dei sicari del Santoni, forse tu non avresti mai più riacquistata la vista ma non mi avresti odiato, siccome forse mi odierai quando... Oh no, Beatrice, se il tuo cuore non potrà sentire amore per me, se l’anima tua concepirà una invincibile ripugnanza per la mia persona, non hai che a dire una parola, una sola parola, e questa mia esecrata esistenza più non sarà che una funesta memoria della tua vita. Comanda, e l’uomo che avrà dischiusa la luce agli occhi tuoi s’immergerà da sè medesimo in quelle tenebre, da cui l’umana scienza non vale a trarre coloro che vi caggiono.