Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/26

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no; il cuore gli battea con violenza; avea quella febbre che rode le anime perverse allorchè attendono i frutti delle loro esecrabili opere.

Abbiam detto che tre sicari erano stati da lui incaricati di eseguire il misfatto. Quegli che addusse la favola della malattia dello zio e che menò il medico al luogo, in cui si dovea compiere il macello, spinto che ebbe Gaetano in quella maniera di sepoltura, tornò, per altra via, alla strada Nardones, sicuro che i due suoi compagni avrebbero spacciato per l’eternità il dottore.

— Tutto è stato eseguito a capello, disse il sicario al cav. Amedeo; a quest’ora l’amico incomincia a nutrir col suo corpo i topi e le donnole della vecchia cantina in su Betlemme.

Sul volto dello scellerato Amedeo lampeggiò una gioia feroce.

— E non, hai aspettato che i tuoi compagni fornissero l’opera? chiese indi al sicario.

— Mi era cuore di volare a renderle conto della buona riuscita della mia parte. Se Vostra Eccellenza avesse veduto come il gonzo mandava giù nello stomaco le pappolate ch’io gl’imbeccava sulla repentina infermità di mio zio! Com’è feconda la mia fantasia! Lodato il cielo, tutto andò bene, e or ora verranno Peppe e Antonio a raccontarle quante botte han regalale al gobbo. Sta sera pecchieremo un poco alla sua memoria; e ci daremo un bocconcino dilicato per solennizar la giornata. Non