Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/60

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Le ore intere passava dappresso al ritratto della madre, la cui immagina erale cagione che si disfacesse continuamente in lagrime; onde il padre dovè proibirle di starsi nella sala, dove era quel ritratto.

Un’arcana mestizia era nondimeno in fondo al cuor di Beatrice. Impossibile sarebbe stato a lei stessa indagarne la sorgente... La felicità onde il cielo l’avea fatta degna restituendole la vista, pareale troppo favore concesso a mortal creatura: pareale a quando a quando doverle star sopra una grande sventura... E chi può comprenderei misteri dell’anima umana? Il dolore, la sofferenza per taluni esseri hanno i loro piaceri; un cuor che soffre non ismette facilmente la sua attitudine; per esso la sventura addiviene elemento vitale, e, qualunque sia la felicità cui vien trabalzato, qualunque i piaceri di una novella esistenza, quel cuore rimane attaccato all’antica sua tristezza; il sorriso sarà mesto, la sua gioia sarà delirio o spasimo, l’allegria l’opprimerà come peso insopportabile.

E Beatrice era mesta eziandio nel mezzo dei suoi trasporti di gioia, eziandio a fianco di suo padre, anche in compagnia di Geltrude. Comechè il Marchese non avesse ancora fissato il giorno del matrimonio di lei con Oliviero, ella sentiva sempre un brivido involontario al pensiero di questa unione. Era ripugnanza cagiosata dalla deformità di Gaetano? Era arcana nivelazione del vero essere che si nascondeva rotto il nome di Oliviero Blackman? Era av-