Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/98

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siem col giorno in tutta la sua luce infernale.

Gaetano più non dubitava della sua sventura... ma pur si rimaneva inerte, con lo sguardo sempre fisso in sullo specchio... Parea straniero alla scena che era accaduta; parea non capisse il baratro in cui di repente era piombato dall’altezza della sua felicità... La stessa Beatrice non era più che una larva di morte che gli passava pel cervello...

E guardava guardava nello specchio.

Una figura vi apparve... Era un uomo alto; co’ capelli cadenti sulla fronte pallidissima, col dolore stampato in sulle gote cadaveriche... Vestito come per festa, la sua acconciatura era scompigliata al pari della bigia sua chioma... Quell’apparizione non passò come passavano le altre ombre, ma sì fermò nel bel mezzo dello specchio e fissò su Gaetano un lunghissimo sguardo d’inesprimibile corruccio e dolore... Indi le sue mani si portarono negli arruffati capelli in atto di potente disperazione, e disparve.

Era lo spettro del marchese Rionero.

Non sì tosto quell’apparizione si dileguò dagli occhi di Gaetano, questi si alzò. Lucidissima era ormai la sua mente; il fatto della sera precedente si riprodusse nel suo spirito con tutt’i suoi particolari.

— È finita! mormorò tra sè medesimo, è finita! La stella nimica che splendè di fosca luce su i miei natali risplenda ormai sulla mia fossa; si compia il mio destino; si tronchi una esistenza maledetta e di così fatale influenza; si espii la colpa di aver amata la più cara delle u-